8.2.1. Jan Van Ruusbroec

Vita di Jan van Ruusbroec

(1293-1381)

Nacque nel 1293 a Ruusbroec, un villaggio situato tra Bruxelles ed Hal (in Belgio), Ducato del Brabante. (Non dimentichiamo che il sec. XIV fu il periodo più brillante nella storia del ducato: l’industria e il commercio delle lane prendono un’importanza grandissima, raggiungendo le fiere della Champagne, l’interno della Francia e perfino l’Italia. La prosperità economica del ducato fa accrescere la popolazione delle grandi città). Il giovane Jan fece i suoi studi nella scuola capitolare di S. Gudula, Cattedrale di Bruxelles, dove suo “zio” (forse suo padre), Jan Hinckaert, era Canonico.

Studiò il trivium: grammatica, retorica e dialettica. In quella Chiesa fu ordinato sacerdote a 24 anni e, a partire dal 1317, eletto Vicario parrocchiale.

Quando Henricus Pomerius, verso il 1420, scrive La storia dell’origine del monastero di Groenendaal, redige la vita di Ruusbroec, descrivendo l’ordinazione sacerdotale del giovane cappellano cita espressamente la madre. Sappiamo che, verso il 1305, si era trasferita a Bruxelles andando ad abitare al beghinaggio “per poter godere della vicinanza di suo figlio in modo più regolare di quanto fosse possibile in campagna”; il beghinaggio, infatti, sorgeva di fronte alla casa di Hinckaert.

Ruusbroec già prima del 1330 aveva composto le prime due opere (Il regno degli amanti e Le nozze spirituali). A quel tempo si era avidi di testi spirituali.

Secondo il Pomerius († 1469) che s’ispira al primo storico di Groenendaal, Sayman van Wijc († 1438), il giovane vicario fu implicato nelle dispute tra scuole mistiche che dividevano i circoli devoti delle città fiamminghe. Ruusbroec si vede indotto a difendere la mistica ortodossa, trinitaria e cristocentrica delineata già da Guglielmo di Saint-Thierry, cistercense del XII secolo e primo autore mistico dei Paesi Bassi,< e da Hadewijch, contro le tendenze panteistiche e quietistiche, varianti delle correnti del “libero spirito”; gli appartenenti a questi movimenti ereticali credevano di aver raggiunto uno stadio elevatissimo di vita spirituale che li poneva al di sopra dei sacramenti, della cura del prossimo e dei comandamenti, “liberi” cioè da queste cose. Il servizio e ciò che ne consegue (il “servizio-a-Dio”, la religione quindi, e l’etica), erano cose per principianti; loro possedevano una esperienza spirituale, interiore, eccelsa, che produceva una fusione (più che una unione) con Dio. Jan van Ruusbroec ha fondamentalmente confutato questa tesi, non riducendo i suoi avversari al silenzio, ma mostrando che la loro visione era viziata. E il nucleo delle sue argomentazioni giunge a dimostrare che nello sviluppo spirituale dell’uomo, il criterio è l’amore. ?La più profonda unione con Dio è quella dell’amore; come si potrebbe infatti essere uniti con Lui nell’amore, se non ubbidendo, ad esempio, ai suoi comandamenti? Chi mi ama, osserva i miei comandamenti, e il padre mio lo amerà, e noi verremo a lui, e prenderemo dimora presso di lui (Gv. 14,23)

Ai tempi in cui il servitore di Dio, Ruusbroec, viveva ancora come prete nel mondo, c’era a Bruxelles una donna di una dottrina perversa, comunemente chiamata Bloemardine, che si rifaceva appunto allo spirito di libertà, che incantava con le sue profezie compiendo – a parere di molti – anche segni miracolosi. Molti erano rimasti ammaliati dalla sua forte personalità e dalla sua dottrina.

Nella Pasqua del 1343, forse infastiditi del frastuono della vita cittadina (che non doveva essere meno rumorosa di quella delle caotiche metropoli moderne), stanchi delle dispute teologiche, Ruusbroec con lo zio e un confratello, Frank van Coudenberg, si ritirarono a Groenendaal (Virdis Valle), nella Foresta di Soignes, distante 17 km. da Bruxelles, per dedicarsi alla vita contemplativa. Questi tre sacerdoti hanno sicuramente vissuto insieme per diversi anni in questo luogo senza che niente li distinguesse, apparentemente, dagli altri preti della diocesi. Sarà solo nel 1343, durante la settimana di Pasqua, che Frank van Coudenberg, Giovanni Hinckaert e Giovanni Ruusbroec andarono ad occupare l’eremo di Groenendaal, che il Duca di Brabante mise a loro disposizione (sappiamo che il Duca Giovanni realizzò questa fondazione religiosa per la salvezza dell’anima dei suoi antenati, ed in particolare per quella della sua amata sposa Maria d’Evreux, morta nel 1335). I tre, spinti da una vocazione interiore, costruirono subito una piccola Cappella, benedetta nel 1345 dal Vescovo Ausiliare di Cambrai, Mattia di Colonia.

La nuova fondazione era una Cappellania, non un Convento. I membri della comunità ricevettero il permesso di vivere alternando la solitudine e la contemplazione alla predicazione e all’azione nel mondo. Essi non cercavano un “istituto religioso” ma una “marginalità” che gli consentisse di vivere di Dio e di offrire ad altri uno spazio comunitario favorevole per gustare un’esperienza propriamente spirituale fatta di preghiera e di studio in modo di poter tentare l’avventura di una relazione personale con Dio, unica nostra possibilità per cambiare noi stessi, per riformare la Chiesa e il mondo. Allora, nei grandi Conventi, negli istituti ricchi e spaziosi, si cercava il mondo, più che allontanarsene (…ad oggi, nulla è cambiato).

Ma il Vescovo di Bruxelles non vide di buon occhio la loro decisione di ritirarsi dalla città e prese ad ostacolarli in ogni modo. Essi andarono quindi a consultare Pietro de Saulx, Priore di S. Vittore di Parigi, che consigliò loro la vita canonicale agostiniana.

 

Per evitare ritorsioni furono dunque costretti a recarsi a Cambrai e a mettersi sotto la protezione del Vescovo di quella città (Pietro Andreae) che benedisse la vocazione religiosa dei due sacerdoti di Bruxelles.

I tre sacerdoti, per sette anni, vissero senza legami giuridici. Poi il Duca Giovanni III chiese a Frank van Coudenberg di erigere una dimora per altri cinque religiosi con l’intento di ampliare la fondazione. Il 10 marzo 1350 dal Vescovo di Cambrai, che volle recarsi personalmente a Groenendaal, essi ricevettero dalle mani del Vescovo, l’abito dei canonici regolari di S. Agostino emettendo la loro professione. Fu così che la Cappellania divenne un Priorato e Frank van Coudenberg fu nominato prevosto del nuovo Priorato.

Ruusbroec, più tardi, e per molti anni, sarà priore di Groenendaal e accoglierà confratelli e visitatori rivolgendo a tutti discorsi edificanti.

A volte le sue parole erano così ardenti da riuscire perfino a commuovere un cuore di pietra. Molti presero a far visita a Groenendaal per intrattenersi con Ruusbroec e ricevere luce dallo Spirito Santo che parlava attraverso di lui… altre volte, invece, il nostro priore si teneva il capo fra le mani e, se non gli veniva concessa la grazia della parola, diceva senza vergogna: “Figli miei, non abbiatevene a male, non sarà per questa volta” e, dopo aver salutato le persone presenti, si ritirava. (Cfr. Paul Verdeyen, Introduzione a Ruysbroeck, Ed. Nardini, Firenze 1991)

Là, a Groenendaal, in quella fitta foresta dal verde intenso, dove gli alberi d’alto fusto tipici del nord Europa sembrano colonne d’una immensa cattedrale del silenzio, iniziò la sua vita orante quell’anima eccelsa, tra le più profonde del Cristianesimo. Vero maestro di spiritualità, dai suoi discepoli detto “l’Ammirabile”, richiamava nella Valle Verde dello spirito visitatori e devoti da ogni parte d’Europa. Anche Taulero, dopo la morte di Meister Eckhart, andò a conoscerlo per riceverne consiglio”.

Ruusbroec combatté i problemi di sempre: l’immoralità e il rilasciamento spirituale; scrisse numerose opere sulle virtù cristiane e sui misteri divini, costringendo il rozzo dialetto del suo paese a fluire come acqua chiara per i meandri della letteratura mistica. Divenne così uno dei padri della moderna lingua olandese. Morì il 2 dicembre 1381. Il suo culto fu confermato da S. Pio X il 9 dicembre 1908 che lo definì “Beato”.

Il Priorato di Groenendaal attraversò un’epoca nefasta nel XVI secolo, a causa delle “guerre di religione”, ma i secoli XVII e XVIII vi riportarono una certa prosperità, fino al 1783, quando il Monastero fu soppresso dall’Imperatore Giuseppe II. Il colpo di grazia lo ricevette dai rivoluzionari francesi, che nel 1796 demolirono completamente la gloriosa dimora agostiniana di Ruusbroec e dei suoi discepoli.

Il tiglio di Jan van Ruusbroec

Un’antica leggenda racconta che Jan van Ruusbroec, sparì un giorno dal monastero. I suoi confratelli partirono immediatamente alla ricerca del loro Superiore nella vasta foresta di Soignes. Essi lo trovarono nel mezzo della notte, preso dalla contemplazione e in essa occupato, mentre era in orazione sotto un tiglio gigante irradiante una luce misteriosa. Quest’albero miracoloso fu venerato per lungo tempo dalla comunità monastica. Verso il 1500, il tiglio fu rimpiazzato da un giovane germoglio della stessa specie botanica. Si racconta che, quando tra il 1577 e il 1606 gli Agostiniani dovettero lasciare il Monastero, l’albero prese a deperire, per non riprendere vigore se non al loro ritorno. Nel 1622, la Regina Isabella fece erigere presso l’albero una Cappella, della quale si son ritrovate le fondazioni nel 1910. Alcuni tigli sorgono ancora nei dintorni del luogo sacro. Forse si tratta dei discendenti del tiglio radioso di luce di Jan van Ruusbroec.

Oggi, noi che leggiamo questi autori medievali, rischiamo di non capire bene il loro lessico. Il termine “spirituale”, ad esempio, noi lo confondiamo facilmente con “religioso”, ma sbagliamo. Ruusbroec distingue sempre “ciò che è esterno”, orale, prescritto, con ciò che è interno, spirituale, nuovo e gratuito.

Per “spirituale”, allora, s’intendeva ciò che riguardava la preghiera interiore, l’oratio mentalis, la preghiera personale, nella quale non rientrava la liturgia. Nel 1300 si rigettavano le “formule prestabilite” nel rapporto col Signore; …per ovviare a difficoltà e a incomprensioni di questo tipo, aggiungerò un “Piccolo Lessico ruusbroechiano”.

Qualcuno ha asserito che egli scrisse in volgare perché non conosceva il latino; l’affermazione è falsa. Egli ha usato il volgare solo per essere più efficace.

Padre Max de Longchamp ci tiene a precisare che “non si ripeterà mai abbastanza che un libro medievale è fatto per essere ascoltato più che per essere letto, cosa che disorienta il lettore moderno abituato ad un certo ordine visivo. E’ per questo che Ruusbroec non divide mai i suoi scritti in capitoli, e gli editori variano la loro suddivisione del testo. Tuttavia Ruusbroec tiene il suo “lettore-ascoltatore” sempre per mano, avvertendolo quando salta da un argomento a un altro, e dicendo: ‘ora vado a parlare di questo’ oppure: ‘Ecco il primo punto, … il secondo punto,… il terzo punto, e così via.’ “.

L’Editrice Brepols ha reso accessibile ad un numero più vasto di cultori la lettura degli scritti di Ruusbroec, Werken, con l’aggiunta, alla propria edizione in olandese medievale, della versione latina di L. Surius e dell’ottima traduzione (a fronte) in inglese moderno. La citiamo

OPERA OMNIA

  • t. 1. Boecsken der verclaringhe Il libro della più alta Verità (LANOO / TIELT – BREPOLS / TURNHOUT)
  • t. 2. Vanden seven sloten Le sette clausure (LANOO / TIELT – BREPOLS / TURNHOUT)
  • t. 3. Die geestelike brulocht Le nozze spirituali (LANOO / TIELT – BREPOLS / TURNHOUT)
  • t. 10. Vanden blinkenden steen La pietra sfolgorante, Vanden vier becoringhen Le quattro tentazioni, Vanden kerstenen ghelove La fede cristiana, Brieven Lettere. (LANOO / TIELT – BREPOLS / TURNHOUT)

t. 4 Dat rijcke der ghelieven Il regno degli amanti (Ed. collana CORPUS CHRISTIANORUM Continuatio Mediaevalis)
t. 5-6 Van den geesteliken tabernakel Il tabernacolo spirituale (Ed. collana CORPUS CHRISTIANORUM Continuatio Mediaevalis)
t. 7- 7° Vanden XII beghinen Le dodici beghine (Ed. collana CORPUS CHRISTIANORUM Continuatio Mediaevalis)
t. 8 Een spieghel der eeuwigher salicheit Lo specchio dell’eterna salvezza (Ed. collana CORPUS CHRISTIANORUM Continuatio Mediaevalis)
t. 9 Van seven trappen I sette gradini (Ed. collana CORPUS CHRISTIANORUM Continuatio Mediaevalis)

LESSICO ESSENZIALE

Alcuni termini medio-nerlandesi utilizzati da Ruusbroec nei suoi scritti sono di difficile comprensione; per questo vogliamo mettere a disposizione del lettore un piccolo lessico, volto a chiarire il senso di alcune parole chiave ricorrenti nei testi originali.

AFGRONDICH = Senza fondo, abissale.

BEGEERTE = Desiderio struggente, veemente, incontenibile, che confina con la nostalgia.

EENVOULDICH = Semplice, va inteso in senso spirituale ed è attribuito a colui che è unificato (si veda: “simpel”).

EWICH = Eterno.

EWICHEIT = Eternità.

GERINEN = Tocco interiore di Dio. Inizio della vita mistica. Esperienza impressionante, ricevuta passivamente, ed istantaneamente, nel fondo dell’anima.

GHEMEYNE LEVEN = vita comune. Nella letteratura mistica fiamminga designa la maturità della vita mistica cristiana. La vita contemplativa dell’”uomo comune” è talmente assorbita in intima unione con Dio che questi partecipa a tutte le creature i Suoi tesori di grazia. Con il Verbo incarnato l’uomo entra in comunione con tutti gli altri uomini ed è “comune” a tutti gli uomini, per la sua traboccante carità e per il matrimonio spirituale, partecipazione alla vita trinitaria. In Ruusbroec la ghemeyn leven segna il più alto grado della contemplazione mistica corrispondente alla più efficace e meritoria attività dell’uomo nel mondo.

GHEVOELEN = Sentire. Quando il mistico brabantino usa questo termine lo fa in riferimento a ciò che l’uomo interiore “sente” dentro di sé ogni volta che la grazia divina si comunica. Il “sentire” ha dunque a che fare con i primi “tocchi della grazia di Dio”, che producono, dapprima l’unio cordis, quindi il risveglio dei sensi spirituali ed infine la contemplazione “essenziale” e “superessenziale” nell’amore trinitario semplice e senza fondo.

GODHEIT = Deità (non Divinità). Essa è l’essenza di Dio, l’Unità delle tre Persone divine, la Tenebra indistinta e senza modo; il “Nulla” in cui si perdono gli spiriti amanti e di cui parla il nostro autore nella contemplazione “superessenziale”.

GOEDEN MENSCHEN = Uomini buoni, Boni homines. E’ un’espressione molto ricorrente nei testi medievali e sta ad indicare i giusti, cioè gli uomini progrediti nella vita cristiana. Ruusbroec lo riferisce a coloro che, dopo un cammino di grande rettitudine morale e religiosa nella vita attiva, si esercitano nell’interiorità e giungono alla contemplazione.

GRONT = Fondo e fondamento, origine. E’ la realtà più intima, più elevata, più segreta dell’uomo e di Dio.

INGHETROCKEN, INTRECKEN = introtratto. Neologismo ruusbroechiano, che indica l’azione misteriosa e profonda di Dio, il quale attira, con il suo tocco interiore, tutto il nostro essere e le nostre facoltà nell’intimo, nel fondo, là dove Egli è presente ed opera.

INNIG = interiore. Il termine riveste un significato diverso dalla nota sentimentale acquisita nel Romanticismo. L’orazione intima ci parla di una vita vissuta in profondità. Il vocabolo va inteso come termine tecnico ed indica la contemplazione mistica. La vita interiore è talmente assorbita in intima unione con Dio che l’attività delle facoltà è semplificata e unificata nel suo centro. L’uomo interiore è detto anche “introverso” ma bisogna epurare questo termine da qualsiasi connotazione psicologica; in Ruusbroec ha un significato solo spirituale.

KARITATE = Amore, carità. Esprime l’effondersi dell’amore di Dio su tutte le creature e, per l’uomo, la partecipazione della propria ricchezza interiore e spirituale al mondo. L’anima, nell’unione sempre più intima con Dio, partecipa al Suo amore oblativo, collabora con Lui.

LIEFDE = Attaccamento affettivo. Termine che in Ruusbroec esprime più significati, specialmente quando è affiancato a minne, a meyninghe o a begeerte; quando non lo è, indica piuttosto il distacco da ciò che è disordinato e l’orientamento del cuore che si fissa in Dio. In qualche occasione acquista una sfumatura negativa. Il vocabolo medio-nerlandese ha la medesima derivazione del tedesco liebe, dell’inglese love. Liefde indica: attaccamento umano, affetto, passione. In Ruusbroec dà l’idea di un dinamismo sempre vivo, di una fiamma d’amore, che dal basso tende verso l’alto, che dall’uomo si protende verso Dio.

MINNE = Amore. Termine molto usato nella letteratura mistica medievale. Attinge all’amor cortese e indica l’ “amore nobile”. In Ruusbroec acquista una connotazione più precisa e realistica: indica “amore unitivo” “sponsale”.

MEYNINGHE = Intenzione. Il vocabolo medio-nerlandese è intraducibile, e ricco di molteplici significati e sfumature che nelle lingue neolatine non si colgono: meyninghe, nella sua corretta accezione implica un orientamento dell’animo (tipico di ogni “conversione” a Dio), una tensione spirituale e al tempo stesso il termine include una “sospensione” (inglese hang e tedesco hängen) in Dio.

NIEUWE = Nuovo. Parola che il mistico fiammingo usa continuamente. E’ un ritornello costante nella descrizione dell’opera di Dio in noi; le sue visite, le sue illuminazioni mistiche, sono “sempre nuove”.

ONTBLIVEN = Essere mancanti. Usato per esprimere il senso del “fallimento” che caratterizza il tentativo di corrispondere all’amore di Dio.

OVERWESELIJC = Superessenziale, come weselijc (= essenziale), specifica il tipo di contemplazione di cui si gode (vedi la voce “essentiel” (“superessentiel”) nel Dictionnaire de Spiritualité, a cura di P. Albert Deblaere..

SIMPEL = Semplice. Deriva dal latino simplex e in Ruusbroec è inteso in senso spirituale, non morale. L’uomo semplice per il nostro autore non è dunque l’uomo sincero, schietto, alla buona, sempliciotto, ma l’uomo unificato, semplificato interiormente; è il contemplativo che ha ricevuto l’unificazione passiva delle potenze (memoria, intelletto e volontà) e che perciò è “uno” in se stesso e con Dio.

VAN BINNEN = Da dentro. VAN BUTEN = Da fuori. Sono – per così dire – le direzioni operative delle creature e del Creatore. La creatura opera sempre “dall’esterno verso l’interno”, Dio è l’unico in grado di operare in noi “dall’interno verso l’esterno”.

WESEN = Essenza. Il termine, nelle lingue germaniche, piuttosto che un riferimento filosofico all’essere, indica la “vita intima” di una persona. In Ruusbroec wesen è un termine tecnico e preciso. L’essenza di Dio è la nostra superessenza, cioè la vita della nostra vita. A noi è data una contemplazione “essenziale”, nel nostro fondo, e “superessenziale”, nel fondo del nostro fondo, cioè in Dio. Quando l’opera omnia, scritta in olandese medievale, fu tradotta nel ‘500 in Latino, il termine wesen divenne essentia, a quest’ultimo si applicarono le categorie filosofiche aristotelico-tomiste e il nostro mistico brabantino subì l’accusa di “panteismo”. I suoi scritti vennero interdetti alla lettura.

GLI SCRITTI DI JAN VAN RUUSBROEC

(Dal Dizionario degli Istituti di Perfezione,voce: “Giovanni Ruusbroec”, a cura di A. DEBLAERE)

  • 1. Il regno degli amanti – Il fiorire della vita mistica vi è descritto di getto, in uno stile magnifico, ma questa prosa lirica ha trascurato di presentare tutte le definizioni e distinzioni e si espone così alla critica dei teologi. Ruusbroec dichiarerà più tardi di aver proibito la diffusione di questo trattato, meravigliandosi di non essere stato obbedito.
  • 2. Le nozze spirituali – è considerato il capolavoro di Ruusbroec per il suo equilibrio e l’esposizione ordinata; è stata anche l’opera più tradotta (nell’ultimo secolo, in italiano, ha avuto sei pubblicazioni). La descrizione completa degli stati mistici, ben distinti dagli epifenomeni, il raffronto dell’esperienza interiore con una teologia a base scritturistica, soprattutto giovannea e paolina, l’accento posto sulla “vita comune” in unione al Cristo, infine la magistrale analisi dei sintomi che permettono di distinguere la vera mistica dalle sue contraffazioni, fanno di questo libro un classico.
  • 3. La pietra sfolgorante – probabilmente redatto ancora a Bruxelles, questo breve trattato offre la sintesi più geniale dell’intera opera. Se le sintetiche descrizioni dell’esperienza religiosa costituiscono altrettanti gioielli letterari, la loro comprensione presuppone tuttavia la lettura di spiegazioni più dettagliate, contenute in altre opere.
  • 4. La fede cristiana – Breve e lucido catechismo per persone formate, in cui si unisce dogma e spiritualità.
  • 5. Il tabernacolo spirituale – Iniziato a Bruxelles e terminato a Groenendaal, questo trattato, il più voluminoso di Ruusbroec, fu anche il più diffuso e rinomato nei sec. XIV_XVII. Partendo da un’ispirazione paolina e prendendo come “figura” la costruzione del tabernacolo dell’Esodo, questo filo conduttore redazionale, che rivela una notevole erudizione, offre un tesoro di allegorie per sviluppi spirituali. Ma ciò che un tempo costituì il fascino del libro, ne crea ora la difficoltà: secondo i nostri metodi, le tematiche vi si presentano troppo sparse e sovraccariche. Resta tuttavia molto importante, poiché spesso vi si riscontrano tutte le implicazioni, per es. morali, psicologiche, appena accennate altrove.
  • 6. Le quattro tentazioni – queste tentazioni dello spirituale, formato teologicamente, sono di tutti; in nessun altro lavoro sono stati notati con più umorismo i difetti di alcune qualità, spesso nocive, ma sempre ridicole.
  • 7. Il libro della più alta verità – a richiesta del certosino Gerardo de Hérinnes, suo amico, Ruusbroec spiega alcuni suoi termini che sembrano inaccettabili agli Scolastici, soprattutto l’aspetto dell’esperienza d’amore, chiamata “unità senza differenza”. E’ un breve trattato, indispensabile per chiarire la profonda semplicità di una dottrina che soltanto una lettura intesa a innalzarla a complicato sistema concettuale, può far passare come “astratta”.
  • 8. Le sette clausure – scritto per Margriet van Meerbeke, divenuta clarissa, questo trattato parte dall’osservanza ascetica per seguire una vocazione spirituale che, centrata sulla devozione eucaristica, sboccia nella contemplazione. Con il citato opuscolo La pietra sfolgorante, quest’opera è il più bel gioiello della prosa medio-nerlandese.
  • 9. Lo specchio dell’eterna salvezza – Indirizzato a una figlia spirituale, questo trattato è il più profondo, ma anche il più difficile di Ruusbroec. Fondato sulla mistica dell’Eucarestia, sacramento di comunione e di “vita comune”, esperienza di unione mistica che abbraccia tutti gli uomini e il mondo intero, il concetto racchiuso nell’attuale espressione “spirito apostolico” sarebbe troppo povero per corrispondervi, perché esso parte da un’esperienza di separazione, che la grazia e la buona volontà vogliono colmare, non già da una comunione che sta all’origine e la cui inesauribile vita dev’essere rivelata.
  • 10. I sette gradini – indirizzato a una religiosa, questo libro mostra come la sua vocazione è chiamata a diventare unione mistica che, da sola, costituirà la vita comune perché vita di lode in unione al Cristo.
  • 11. Le dodici beghine – queste recitano a turno una strofa che riassume il loro programma spirituale. La pia conversazione serve come filo conduttore del libro, che raccoglie in modo un po’ sconnesso, ma molto bello, esposizioni non ancora pubblicate da Ruusbroec. E’ il trattato della maturità, in cui l’autore annuncia la sua intenzione di non scrivere quasi più.
  • 12. Delle Lettere spirituali di Ruusbroec non si sono trovati che pochi frammenti degli originali, ma il Surius ne dà la traduzione latina di 7, conservate ancora nel sec. XVI.

Aggiungiamo, all’Edizione della BREPOLS (Corpus Christianorum), già citata, le traduzioni italiane, complete o antologiche, delle quali siamo a conoscenza e che abbiamo consultato:

  1. M. MAMBRINO DA FABRIANO, Specchio dell’eterna salute del Dottore divino ed eccellentissimo contemplatore B. Giovanni Rusbrochio, In Venetia, per Michele Tramezzino, MDLXV.
  2. FEDERICO FOFI, Vita e dottrine del Beato Giovanni Rusbrochio. Specchio dell’eterna salute, Desclée e C., Roma 1909.
  3. D. GIULIOTTI, L’ornamento delle nozze spirituali di Giovanni Ruysbroeck, Ed. G. Carabba, Lanciano 1923.
  4. A. LEVASTI, I mistici. Tedeschi e Paesi Bassi. (?)
  5. P. GUSTAVO CANTINI, Giovanni Ruysbroek l’Ammirabile. L’ornamento delle nozze spirituali e i sette gradi della scala dell’amore spirituale, Ed. UTET, Torino 1946.
  6. GIOVANNA DELLA CROCE, O.C.D., I mistici del nord, Ed. Studium, Roma 1981.
  7. SILVANO SIMONI, Mistici del XIV secolo. Imitazione di Cristo – Tauler – Ruysbroek, Ed. UTET, Torino 1988 (2).
  8. PAUL VERDEYEN, Introduzione a Ruysbroeck (con antologia di scritti), Ed. Nardini, Firenze 1991
  9. FRANCESCO AMOROSO, Giovanni Ruusbroec. Lo splendore delle nozze spirituali. Ed Città Nuova, Roma 1992.
  10. FRANCO PARIS, Jan van Ruusbroec. Lo specchio dell’eterna beatitudine, Ed. Paoline, Milano 1994.
  11. MARCO VANNINI, Giovanni di Ruusbroec. La vita divina, Ed Mondadori, Milano 1998.
  12. GIOVANNA DELLA CROCE, O.C.D., Jan van Ruusbroec. Dio si comunica nell’amore, Ed. Vaticana, Roma 2003.

Aggiungo alcuni studi e traduzioni in francese e in inglese che ritengo particolarmente validi:

  1. 1. J.-A. BIZET, Ruysbroeck, Œuvres choisies, Ed. Aubier, Paris 1947.
  2. 2. FRANCIS JOSEPH LEGRAND, Jan van Ruusbroec. Un miroir de l’éternelle béatitude. (in MISCELLANEA NEERLANDICA) Ed. Peeters Leuves 1991
  3. 3. C.M.MARTINI – G.DANNEELS – B.STANDAERT, Lo spirito dell’apostolo. Quando il ministero ha un’anima, Ed. Ancora, Milano 2002.
  4. 4. PAUL MOMMAERS, The riddle of christian mystical experience. The Role of the Humanity of Jesus, Ed. Peeters Leuves / W.B. Eerdmans, Louvain 2003.
  5. 5. PAUL MOMMAERS, Jan van Ruusbroec: Mystical Union with God, Ed. Peeters, Louvain 2009.
  6. 6. MAX HUOT DE LONGCHAMP, Ruusbroec l’Admirable. La pierre brillante suivi de L’Ornament des Noces spirituelles. Traduction de 1606 par un chartreux de Paris (in SOURCES MYSTIQUES) Ed. Centre Saint-Jean-de-la-Croix / Ed. du Carmel, Toulouse 2010.