8.5.1 San Giovanni della Croce

Accenno alla vita di S. Giovanni della Croce

Juan de Yepes, nasce nel 1542 a Fontiveros, vicino ad Avila, da modesta famiglia. La madre, Catalina Alvarez, rimane vedova, le condizioni economiche della famiglia precipitano e, con tre figli da sfamare, andrà a chiedere aiuto di porta in porta; lui è ancora un bambino. Sono anni difficili per il piccolo Giovanni, la cui vita è segnata subito dalla croce. A Medina del Campo, dove ormai adolescente viene a stabilirsi, esercita la carità assistendo i malati, aiutando i poveri e frequentando la scuola dei Gesuiti. Prima di essere introdotto agli studi classici nel Collegio dei Gesuiti si dedica all’artigianato: fa il falegname, il sarto, l’intagliatore e il pittore. Nel 1563 entra nel Carmelo di Medina e prende l’abito col nome di Giovanni di S. Mattia. Dal 1564 al 1568 frequenta gli studi teologici all’Università di Salamanca. Nel 1567 riceve il Sacerdozio e incontra S. Teresa. Con lei prepara la riforma del Carmelo e comincia la prima fondazione degli Scalzi. Dal 1568 è Maestro dei novizi, prima a Duruelo poi a Mancera e dà inizio alla riforma dei Carmeli dell’Antica osservanza; stabilisce un noviziato a Pastrana. La Riforma teresiana scatena una violenta campagna denigratoria. Cambia il nome di religione in Giovanni della Croce. Partecipa con S. Teresa alla fondazione di Alba de Tormes. Dal 1572 al 1577 è confessore e cappellano dell’Incarnazione di Avila. Il 2 giugno del 1577 Santa Teresa comincia a scrivere Il Castello Interiore. Nel frattempo grossi conflitti di giurisdizione (tra Calzati e Scalzi) porteranno alla prigionia di Giovanni della Croce a Toledo (sarà incarcerato per nove mesi), e neppure una lettera della Santa di Avila al Re riuscirà a strapparlo dalla reclusione. In carcere il frate Carmelitano inizierà a comporre il Cantico spirituale, che sarà progressivamente completato. Fugge dal carcere in modo avventuroso. A questo punto gli Scalzi, con un potere che non hanno, si eleggono un superiore proprio.

Nel 1578 il Nunzio Apostolico, sdegnato, sottopone gli Scalzi ai Calzati. Solo nel 1581, grazie all’intervento di Filippo II, gli Scalzi ottengono il riconoscimento della riforma teresiana e formano una provincia a parte nel governo del Carmelo. Nell’ottobre 1582 muore Santa Teresa. Tra l’84 e l’86 S. Giovanni della Croce compone una prima redazione rapida della Fiamma d’Amor viva (detta Fiamma d’Amor viva A) il Dottore mistico la rivedrà e migliorerà al termine della sua esistenza (Fiamma d’Amor viva B). Tra la fine del 1585 e l’inizio del 1586 redige La Salita del Monte Carmelo e La Notte Oscura. Fonda diversi Carmeli maschili e partecipa a tre Capitoli generali dell’Ordine. Nel 1591 (Teresa è già morta), al Capitolo generale degli Scalzi riformati, si oppone fermamente al Padre Doria e questa opposizione gli frutta la rimozione da ogni carica nell’Ordine. Così, dopo 22 anni di riforma, è ridotto in solitudine. Ammalato, sceglie di ritirarsi nel Carmelo di Ubeda. Muore a Ubeda (Jaén) il 14 dicembre 1591. Il corpo sarà traslato nel Convento di Segovia, dopo due anni.

Nel 1926 Pio XI lo proclama “Dottore della Chiesa”.

Le Opere di S. Giovanni della Croce e la loro tematica

I quattro titoli maggiori delle Opere del Santo castigliano sono:

  1. Salita del Monte Carmelo
  2. Notte oscura
  3. Cantico spirituale
  4. Fiamma viva d’amore
  • Per quanto riguarda la Salita del Monte Carmelo e la Notte oscura la loro continuità e unità letteraria e didattica è tale da poter dire che si tratti di un’unica trattazione divisa in due parti. La prima delle due parti è rimasta incompleta nel suo svolgimento. In questi due scritti l’autore mistico descrive accuratamente le “notti dell’anima” che egli dichiara essere due stati successivi d’orazione, due gradi di contemplazione, che recano con sé patimenti e purificazione. La prima notte è detta “del senso”, perché si oscurano gli appetiti sensibili; la seconda “notte” è detta “notte dello spirito”, e giustamente, perché questa esperienza pone il nostro spirito e le facoltà dell’anima (memoria, intelletto e volontà) nell’ “oscurità divina”. Per superare questa notte l’anima deve procedere poggiando solo sulla fede, cioè sul soccorso di Dio, che non le verrà meno.

  • Il Cantico spirituale è la traduzione in termini poetici, simbolici, dell’esperienza dell’unione dell’Amato con l’Amata, dell’anima con Dio.

  • Nella Fiamma viva d’amore, si cerca di descrivere l’ultima e più alta contemplazione mistica, in uno slancio che non ha eguali nella letteratura mistica cristiana.

I problemi critici più complessi, sollevati dai più noti studiosi di S. Giovanni nella Croce, sorgono a partire proprio da questi due scritti: il Cantico e la Fiamma. Del Cantico, generalmente si preferisce la versione A, meno ripulita e manomessa; per la lettura e lo studio della Fiamma si segue invece la versione B, riveduta e corretta dal Santo Dottore all’apice della sua maturità mistica ed esistenziale. La vita teologale dell’uomo è tutta incentrata sull’amore, che divampa nell’anima ed opera meraviglie indicibili.

La Salita, la Notte e il Cantico formano una sintesi completa della sua spiritualità; la Fiamma ne segna l’apice. Nella sua attività letteraria S. Giovanni della Croce ricorre alla “poesia pura”, come la definirebbe Paul Valéry, per l’impossibilità di adeguare le sue descrizioni mistiche alla “presenza” che egli intende evocare. L’indicibilità dell’esperienza è la barriera contro la quale tutti gli spirituali si scontrano, perché è propriamente quella ciò di cui essi parlano, ma le persone che li leggono, generalmente, la scambiano per un’astrazione, nonostante l’esperienza di quella presenza sia di un’immediatezza così concreta e carnale da superare ogni discorso. Dice H. Brémond: “Dio non è affatto troppo lontano, Egli piuttosto è troppo vicino per essere detto…” (in Lettere e Discorsi) Ecco perché la letteratura mistica resterà sempre “confidenziale”, ma non nel senso di qualcosa di nascosto, di occulto, bensì nel senso di qualcosa che è “riservata ad un amico”. E il lettore di un’opera mistica non deve assumere un atteggiamento “credulone” ma “obbediente”, perché nell’obbedienza della fede noi riceviamo una testimonianza, non una dimostrazione. Ecco il motivo per cui Giovanni della Croce ci invita a oltrepassare il suo discorso per “entrare nelle cose di Dio” (S Prologo, 2).

Suddivisione della Salita del Monte Carmelo

Il Prologo di questa prima opera svela subito la finalità del libro, le fonti da cui il mistico Dottore ha tratto il contenuto della sua dottrina (esperienza, scienza teologica, Sacra Scrittura e Magistero della Chiesa Cattolica); spiega il motivo che lo ha spinto a scrivere e i destinatari dell’opera.

Nei primi cinque capitoli della Salita del Monte Carmelo San Giovanni della Croce chiarisce il “significato” delle due notti dell’anima. Nella sezione comprendente i capitoli successivi, 6-12 del Primo Libro, indica alle anime chiamate all’unione con Dio “come ci si può disporre a ricevere” la contemplazione, (ecco l’unica azione possibile dell’uomo: disporsi a ricevere). L’esperienza mistica non è altro che un dono gratuito del Signore, da accogliere; perciò, nei capitoli 13-14 del Libro I della Salita, il Maestro carmelitano parla della “notte attiva del senso”, che spiegheremo più avanti.

Nel Libro Secondo della Salita i primi 9 capitoli chiariscono le caratteristiche e gli effetti delle due notti nell’anima.

Al capitolo 10 (Libro II) si comincia a parlare dettagliatamente della purificazione passiva dell’intelletto, operata nella nuda fede di chi si affida al Signore pienamente e non conosce più in modo ordinario, naturale, ma in maniera soprannaturale, secondo le misteriose operazioni di Dio.

Il Libro Terzo della Salita dopo aver accennato al progresso dell’anima che avanza nella fede attraverso la purificazione dell’intelletto, tratta della purificazione della memoria e della volontà, operata da lumi soprannaturali, che investono le facoltà, prima nella notte attiva poi in quella passiva, grazie all’esercizio delle virtù teologali della speranza e della carità. Il Maestro carmelitano si dilunga sui vantaggi che ne scaturiscono, fino alla più intima purificazione operata dall’illuminazione oscura, descritta nei due Libri della Notte Oscura.


Sintesi del contenuto del Cantico Spirituale e problemi di lettura

Nel Cantico spirituale (A) l’anima, attraverso le notti, è ormai giunta all’unione con lo Sposo divino, senza intermediari, senza il soccorso delle visioni, degli epifenomeni, tutte cose da rifiutare (ecco la scelta del “nada”), per puntare al “Tutto”.

A un lettore disattento l’opera sembra presentare delle contraddizioni, ma sono solo apparenti: dopo la strofa 11, infatti, San Giovanni della Croce descrive uno stato assolutamente perfetto, dove tutte le sofferenze sono completamente svanite, poi sembra reintrodurre delle fasi di tentazione, di sofferenza e di altre notti; come se potessero coesistere due posizioni contrapposte, cioè la morte interiore e la piena felicità dell’anima. Inoltre, (altra apparente contraddizione) nel Cantico A si distinguono, all’interno dell’unione con Dio, altri due stati: uno chiamato “fidanzamento spirituale” e uno detto “matrimonio spirituale”. Una difficoltà analoga concerne la distinzione tra “unione” e “trasformazione”, intese a volte come stati differenti… In realtà nel Cantico A non c’è alcuna contraddizione irrisolvibile. Nell’esperienza del Cantico, le prove dell’anima, non sono per lei che altrettante occasioni di vittoria e di crescita. L’annientamento produce la più intensa felicità, e la distinzione fidanzamento/matrimonio non fa altro che chiarire la dottrina del Dottore mistico sull’unione con Dio, che non si distingue dalla trasformazione, bensì la produce.


Accenno alla Fiamma d’Amor viva

Prima di tutto, dicendoci nei primi paragrafi dell’opera che questa fiamma è lo Spirito Santo, Giovanni della Croce ci dona già la chiave del suo libro: esso non sarà che un lungo commentario dell’immagine d’una fiamma nella notte, un passaggio dalla notte amara e terribile, principio della contemplazione nella vita spirituale, alla fiamma amorosa e tenera della più alta perfezione. Nel Prologo l’autore mistico precisa proprio questo “Se nelle canzoni precedenti (del Cantico) parlavamo del più perfetto grado di perfezione cui si può giungere in questa vita, cioè la trasformazione in Dio, le canzoni presenti (della Fiamma) trattano dell’amore che, in questo medesimo stato di trasformazione (l’ultimo), raggiunge una qualità ancora più eccelsa e perfetta…” (Prologo 3). L’autore non fa altro che annunciare il trionfo dell’anima che è elevata alla patria celeste pregustandone in qualche modo la gloria, nella Fiamma viva.

Certo, nella traduzione si perde quasi tutto il vigore dell’originale. Ecco perché invito sempre i lettori di S. Giovanni della Croce a leggere il testo spagnolo per gustarne almeno la musicalità, per sentire – come dire – i movimenti della fiamma che sale e scende, per sentire la tenerezza della ferita d’amore e infine la forza e la dolcezza dello strappo finale.

¡Oh llama de amor viva
que tiernamente hieres
de mi alma en el más profundo centro!
Pues ya no eres esquiva
acaba ya, si quieres;
¡rompe la tela de este dulce encuentro!


BIBLIOGRAFIA

Nella breve presentazione del Dottore mistico ci siamo rifatti soprattutto agli eccellenti lavori di P. Max Huot de Longchamp e dedicati a S. Giovanni della Croce.

Aggiungo i testi consultati, introduttivi alla conoscenza del Maestro carmelitano:

  1. Vida y Obras de San Juan de la Cruz, Doctor de la Iglesia Universal, Obra postuma de Crisogono de Jesus O.C.D. (Biografia premiada en el IV centenario del nacimiento del Santo) – Ediciòn critica de las Obras del Doctor mistico, notas y apendices por Matias del niño Jesus O.C.D., Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 1978.

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  3. ANCILLI E., I mistici della riforma cattolica, Roma 1982.

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  5. BARSOTTI D., Benché sia notte. Commento a un cantico di San Giovanni della Croce, Brescia 1982.

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  11. HUOT DE LONGCHAMP M., Bien lire les mystiques. Autour de saint Jean de la Croix, Mers-sur-Indre 1999.

  12. HUOT DE LONGCHAMP M., L’homme en toute vérité. Introduction au mystère chrétien, Paris 1986.

  13. HUOT DE LONGCHAMP M., Lectures de Jean de la Croix. Essai d’anthropologie mystique, Paris 1981.

  14. HUOT DE LONGCHAMP M., Pour lire le Docteur mystique, (Collana SOURCES MYSTIQUES), Toulouse 2010.

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